venerdì 3 giugno 2011

La difficoltà di unire 2 ideologie – 2 culture

Come tutti i lavoratori di Askoll P&C ho fortemente creduto nel piano industriale proposto agli inizi del 2009.
Era un piano che prevedeva sacrifici, enormi sacrifici a livello occupazionale, ma era un Piano che permetteva di salvare 2 stabilimenti  oramai decotti, spremuti da una multinazionale avida di interessi e poco incline a investire.... ne è la prova di la mancanza assoluta di innovazione del prodotto a partire dal 1998 .
E poi la “forza” di avere un imprenditore per giunta italiano,  disponibile finanziariamente, produrre in Italia con linee molto automatizzate, etc....  mi intrigava.
Poi i primi segnali di difficoltà specialmente di dialogo, facevano presagire il NOI ed il LORO con situazioni al limite del ridicolo.
E’ vero che l’organizzazione della Emerson era ridondante ma perlomeno con alcune difficoltà, le problematiche arrivavano alla chiusura e qualche volta erano risolte, non si prendeva tempo facendo finta di studiare soluzioni  e le persone pur mugugnando, lavoravano.
Riassumo 2 esempi :
Qualità del prodotto
Quando a Moncalieri veniva riscontrato un problema e subito condiviso con Askoll 3 questo problema aveva 2 possibili soluzioni:
·         “Non è mai stato riscontrato ma sei sicuro?” (bugia) vedi alcuni scarti di produzione Askoll 3  (perdite tra l’idraulica ed il corpo statore per l’oring twistato) ricevuti per errore dal cliente a Moncalieri
·         “Mettetelo da parte che poi si vedrà” (abbiamo ancora circa 40.000 corpi statore fermi dal maggio 2010) in attesa di definizione!
Perchè 2 culture?
E’ bello per tutti trasferire al proprio responsabile, una good news  (abbiamo fatto un fatturato da urlo, abbiamo prodotto al 120%, etc....) ma il vero manager trasferisce anche gli aspetti negativi. Forse in Askoll non sempre funziona così.
E cosa dire della decisionalità dei responsabili, tutti si adoprano per  completare l’informazione per aiutare il collega, ma quando c’è da decidere.....chi decide? pochi, forse è giusto o forse no.
Io personalmente preferisco e sono stato abituato, a “decidere” con  livelli di responsabilità via via crescente,  credo che questo crei un’azienda più fertile a livello mentale, una  maggior democraticità empatica e l’azienda si arricchisce di persone che si sentono integrate anche a  livello emotivo.

2 commenti:

  1. Sarebbe doveroso che al tavolo delle trattative di martedì prossimo in Regione NON ci fosse PIU’ il presunto "consulente" Mastelli. Prima di tutto perché non è preparato, non è professionale, è negativo e non aiuta con il suo atteggiamento a superare questa situazione tremendamente difficile. Poi perché è volgare, arrogante, sprezzante e manca di un minimo di educazione. In effetti al Sig. Mastelli dei nostri problemi non gliene importa nulla, come non gliene importa nulla dell'Askoll. Lui è stato chiamato per condurre questa operazione e poi se ne ritornerà, con la sua ricca ricompensa, a sfruttare i lavoratori delle sue cooperative. Mastelli non sta sulla nostra stessa "barca" Askoll. In questa maledetta storia, se c'è una cosa che unisce tutti è il futuro dell'azienda. La dirigenza Askoll lo vede in un modo, noi lavoratori in un altro, ma alla fine tutti abbiamo lo stesso obiettivo: continuare a vivere in Askoll. Invece a Mastelli della nostra azienda (ha capito bene, Sig. Marioni: NOSTRA AZIENDA !!!) non frega proprio niente, lui non vede l'ora che tutta questa maledetta storia finisca. Finisca come finisca alla faccia dell'Askoll e dei lavoratori. E per questo motivo che ogni volta fa affermazioni che si contraddicono fra di loro, che inventa i numeri a suo piacimento, tanto alla fine della storia non dovrà rispondere di nulla per il semplice motivo che non ci sarà. Noi invece abbiamo bisogno di un interlocutore sicuro, professionale che ci metta la faccia. L'azienda si faccia rappresentare dall'amministratore Beaupain, forse uno dei pochi manager (se non l'unico) della Holding. Abbiamo bisogno di gente seria al tavolo delle trattative con le istituzioni. Dobbiamo interloquire con persone che conoscano realmente i numeri, e siano professionalmente preparate e non con consulenti analfabeti professionalmente o studentesse in cerca di esperienza. Questo non è il momento né il luogo adatto per fare gli stage.

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  2. L'unica cosa che sanno fare è "condividere" che nel loro gergo significa metterti davanti al fatto compiuto. Non esiste nient'altro. O mangiare la minestra o saltare dalla finestra. La cosa triste e che a molti questa regola va bene.

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