lunedì 16 maggio 2011

Parole, solo parole.

Che il passaggio da una multinazionale ad un'azienda padronale sarebbe stato un cambiamento difficile da affrontare molti forse lo avevano già messo in conto. D'altra parte un azienda che conta a malapena 500 dipendenti che ne incorpora una da 3000 non è cosa da tutti i giorni. Fin dai primi mesi successivi all'acquisizione da parte di Askoll è apparso chiaramente che le opinioni e le idee dei dipendenti degli stabilimenti piemontesi in materia di gestione e organizzazione del lavoro avrebbero pesato poco o niente. Nei casi migliori siamo stati messi di fronte al fatto compiuto spacciato per "condivisione" - strana interpretazione del termine a dire il vero.
All'insegna della "semplificazione" sono stati fatti tagli e riorganizzazioni che poco hanno a che vedere con l'ottimizzazione dei processi aziendali, semplicemente il principio ispiratore della cosidetta innovazione è stato "Se qualcosa a Vicenza non c'è o non si fa vuol dire che non serve", non tenendo in alcun conto che le due aziende presentavano numeri e volumi non confrontabili. E' partito così quel processo definito "askolizzazione", termine che molto ricorda nel suono e nei fatti quello di colonizzazione.
Qualsiasi richiesta di chiarimento riguardo alle motivazioni ispiratrici delle scelte aziendali è stata puntualmente evasa dalla dirigenza nascondendosi dietro alla proprietà, questo sia che si trattasse di scelta dei fornitori fino alla banale scelta del modello degli apparecchi telefonici. Possibile che il signor Marioni si prenda anche la briga di scegliere a chi dare un telefono e addirittura scieglierne il modello ? Se così fosse allora il signor Marioni potrebbe tranquillamente fare a meno di molti di quei fedelissimi cagnolini che gli scodinzolano intorno aspettando pazientemente che rimanga qualche briciola di potere anche per loro.
Il nostro ha anche dalla sua un indubbio amore per l'estetica e per l'apparenza, basta fare un giro a Vicenza per capire quanto l'apparenza abbia la sua importanza nella vita dell'azienda. Bei locali, cura per i dettagli e per l'arredamento, ma dietro a tutto questo ben poco se non tanta arroganza e la presunzione che l'unico modo giusto di agire sia quello vicentino. D'altra parte uno dei primi "investimenti" fatti per il nostro stabilimento è stato ridipingere esterni ed interni. A seguire è stata la volta della ridisposizione degli uffici, quasi a voler cancellare anche nell'apparenza ogni traccia di Emerson. In sostanza non è importante quello che si è ma come si appare.
Come in ogni azienda che si rispetti anche l'informazione ha il suo peso. O forse sarebbe meglio dire la disinformazione sistematica. Chi abbia avuto l'occasione di dare uno sguardo, anche solo fugace, al sito internet di Askoll sicuramente si è fatta un'idea dell'azienda ben lontana dalla realtà. Una specie di eden dove tutti lavorano felici all'ombra delle ali protettrici del padrone. L'esperienza di due anni ci ha purtroppo messi di fronte alla realtà di un'azienda che non ha alcun ripetto per la persona e che anzi persegue i suoi fini mettendo i dipendenti l'uno contro l'altro, innescando così la più classica delle guerre fra i poveri. Numeri utilizzati soggettivamente, promesse fatte e mai mantenute. Volendo utilizzare il titolo di una canzone per descrivere tutto ciò si potrebbe usare "Parole Parole Parole".

p.s.

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