lunedì 16 maggio 2011

Le ragioni della protesta

Ci voleva un imprenditore italiano, il signor Elio Marioni, per portare una delle aziende storiche dell'astigiano, la ex CESET di Castell'Alfero, sull'orlo del baratro. Fondata nel 1977 dall'ing. Cottino e successivamente acquisita nel 1989 dalla multinazionale americana Emerson Electric, produce motori elettrici per il mercato del bianco. Azienda leader a livello europeo vanta fra i suoi clienti tutti i maggiori produttori di elettrodomestici.
Ceset, insieme a Plaset ed agli stabilimenti ubicati in Slovacchia, Romania e Cina è stata acquisita dal gruppo Askoll di Vicenza nell'ottobre 2008.
La notizia dell'acquisizione da parte di un gruppo industriale italiano aveva portato una ventata di speranza e di ottimismo negli oltre 650 addetti occupati nei due stabilimenti italiani del gruppo, Castell'Alfero appunto e Moncalieri. Purtroppo quest'ottimismo, alimentato anche dalle parole dello stesso Marioni, che annunciava investimenti e vantava l'italianità della sua azienda, è stato molto presto spazzato via dalla dura realtà, da subito la proprietà annunciava la volontà di continuare la delocalizzazione della produzione avviata dagli americani di Emerson a favore degli stabilimenti slovacco e rumeno e conseguentemente annunciava tagli al personale.
L'unica contropartita da parte dell'azienda è stata la promessa dell'avviamento della produzione, presso lo stabilimento di Castell'Alfero, di un nuovo motore - l'askoll motor. Motore che a tutt'oggi presenta numerosi problemi legati alla sua industrializzazione - già da parecchi anni Askoll tentava invano di industrializzarlo - e per il quale non ci sono volumi sufficienti a far pensare alla possibilità di tenere in piedi uno stabilimento come quello di Castell'Alfero nato e pensato per ben altri volumi di produzione e numero di addetti.
Anche questo progetto comunque presentava il suo rovescio della medaglia, ovvero l'abbandono da subito da parte di Askoll del progetto di un nuovo motore CESET/Emerson già pronto per la produzione.
Questa strategia scellerata è continuata fino ad oggi, fino cioè alla notizia data dall'azienda di voler chiudere lo stabilimento di Moncalieri e di abbandonare la produzione del motore universale a Castell'Alfero, questo prima ancora dell'avvio del nuovo askoll motor. Risultato 212 esuberi sui 292 addetti ancora in forze allo stabilimento, gran parte dei quali già in cassa integrazione straordinaria da oltre un anno. Ma non solo, poichè anche per gli 80 addetti che rimarrebbero in forza verrebbe aperta una procedura di cassa integrazione. Nessuna sicurezza di nessun tipo quindi, per nessuno.
Ancora una volta l'azienda ci ha presi in giro smentendosi e rinnegando quanto concordato in Regione Piemonte, ovvero che il processo di riorganizzazione dei siti piemontesi avrebbe previsto e un adeguamento complessivo della struttura che avrebbe richiesto a Moncalieri 158 persone e a Castell’Alfero 204, consentendo, grazie agli investimenti e al recupero di competitività, di mantenere le produzioni in Italia e di rendere sostenibile lo sviluppo dell’azienda.
Due anni di dichiarazioni e di puntuali smentite che hanno letteralmente sfiancato e demotivato i lavoratori. Un' esperienza per molti devastante, fatta di promesse sulla presunta sicurezza del posto di lavoro, poi puntualmente disattesa nei fatti. "Divide et impera" dicevano gli antichi romani, e questa è stata dal 2008 la politica perseguita dal dipartimento risorse umane, capitanato dalla signora Miriam Gallio e dal suo fido scudiero Mastelli. Dividere i lavoratori con false promesse per poter meglio perseguire i proprii fini. E dire che sul sito Askoll si legge: "Per Askoll la centralità dell’uomo è un valore fondamentale ed irrinunciabile che caratterizza il sentire e l’agire di tutte le Unità del Gruppo".
Poi a esasperare la situazione anche la guerra dei numeri. Dichiarazioni su perdite e ricavi, mai uguali da una volta all'altra. Numeri che diventano da dato oggettivo, informazione soggettiva da usarsi a seconda delle occasioni. L'impressione è che da subito la proprietà abbia deliberatamente fatto ogni sforzo per affossare i due stabilimenti italiani, caricando su di essi tutta una serie di costi esorbitanti a giustificazione della decisione di ridurre personale e delocalizzare la produzione all'estero. Tecnicamente tutto legale, certo, ma sicuramente ancora una volta smentendo palesemente nei fatti quanto pubblicamente dichiarato e dimostrando un completo disinteresse per le persone.
Queste ragioni, ed in particolare la totale inaffidabilità delle dichiarazioni dell'azienda, ci ha portati, dopo una lunga e sofferta riflessione comune, a dire basta e ad intraprendere questa protesta. La speranza è che questo ulteriore grande sacrifico possa portare a qualche risultato e che almeno una volta lo spirito di solidarietà e l'interesse della collettività prevalgano sulla ricerca del maggior profitto a tutti i costi.

p.s.

2 commenti:

  1. Vorrei ricordare che il Sig. Marioni e' lo stesso Elio Marioni che dal 2009 sta cercando di costruire un centro ippico a Dueville. Spesa prevista 20 milioni di Euro.

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  2. Che bello buttara le famiglie che lavorano per la strada e poi fare pagare centinaia di migliaia di euro di sponosrizzazioni alle proprie aziende per fare andare la figlia a cavallo.

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